Così vivo
aggrappato ad uno stelo
tra le spine che graffiano dolore
per non morire lentamente
tra i venti di libeccio
e il mare aperto dell’inverno
nel frastuono che sovrasta la tempesta
corrosa di salmastro ed artemisia.
Ora siedo ad aspettare
tra le cose che mi restano
di questa terza stagione
finché il silenzio sarà sudario
e la mia notte
avrà l’insonnia dentro.
Fermo l’ora sul quadrante
per sostare nel mio tempo
e ricoprire di ricordi il petto
fino al viaggio del ritorno
tra gli onori del congedo
quando resterò solo essenza
e la mia assenza si farà presenza.